Palazzo Grosso, descrizione degli interni

Atrio. Il visitatore che entra nel vestibolo del Palazzo può subito notare un’iscrizione in greco che restituisce l’indicazione dell’anno di esecuzione del ciclo decorativo e il nome dei pittori: «I fratelli Torricelli dipinsero 1790».
Questo spazio, decorato a trompe-l’oeil, ospita un gran numero di pezzi archeologici dipinti: su entrambe le pareti sono disposte epigrafi ellenistiche e latine accostate a mosaici romani e antichità egizie, in sintonia con il gusto enciclopedico e collezionistico settecentesco.
Nella prima campata a sinistra vi è un frammento di stele che raffigura due mani congiunte; al centro della parete compare un bassorilievo raffigurante un satiro che beve da una coppa.
Nel sottarco in alto le pitture simulano dei rilievi marmorei. Lo schema decorativo si ripete su entrambe le campate in cui si suddividono le pareti nord e sud.
Al centro della seconda campata della parete sud è dipinto un bassorilievo con una scena di combattimento circondato da marmi.
Le porte di accesso verso la piazza e il giardino sono sormontate da pannelli con soggetti naturalistici e figure virili.
Sulla parete di fronte vi è una copia del celebre bassorilievo con il busto di Antinoo, ritrovato a Villa Adriana a Tivoli. Sempre nella campata verso la piazza incontriamo il dipinto di Minerva, circondata da una raccolta di oggetti eterogenei.

Scalone. Dall’atrio si accede allo scalone, dipinto con architettura gotica; la luce penetra dai finestroni della facciata esterna, mentre sulla parete di fronte e su quelle laterali vi sono finte finestre dipinte a trompe-l’oeil, così come lo sono le colonne con capitelli a fogliami e figure zoomorfe, il rosone e le decorazioni in cotto.
Un manoscritto ritrovato nel sottotetto del Palazzo attesta che i dipinti del salone, dello scalone e dell’atrio terminarono nel 1790.

Salone delle Feste. Dallo scalone si accede al grande salone: tre finestroni lo illuminano e scandiscono la decorazione che apre al visitatore il mondo dei numi e degli eroi. Su ciascuna parete ampie fasce vericali riportano un motivo ornamentale tratto dalle «Antichità di Ercolano». In ogni comparto sono incastonati dei dipinti di foggia pompeiana, nature morte e scene tratte dalla mitologia classica. Al centro della volta si vede Giove fra le nubi accanto ai Dioscuri e a due figure di Nereidi. Nei quattro medaglioni circolari all’estremità del riquadro centrale appaiono gli amori di Giove: Leda, Europa, Ganimede e Danae, su fondo rosso.
Interessanti sono anche le figure infantili dipinte sulle pareti.

Sala Etrusca. Vi si accede dal salone ed è dipinta a motivi “etruschi”. Dell’arredo originale, scomparso il mobilio,  rimangono solo due statue in gesso collocate nelle nicchie della parete nord.
La scelta di creare un ambiente secondo il gusto all’“etrusca” va da ricercare nell’interesse dell’epoca per la pittura vascolare greca e per gli aspetti dell’antica civiltà italica. I motivi, che prendono spunto dalle stampe incise e acquerellate riprodotte nei volumi delle “Antiquités” editi tra il 1766 e il 1767, vengono adattati e reinterpretati qui con raffinato gusto.
Le pareti ospitano scene di banchetti, la raffigurazione di Teseo che affronta il Minotauro sotto gli occhi di Arianna, figure di atleti, le nozze di Ercole ed Elbe, le nozze di Ippodamia turbate dai centauri.
In alto, gli sfondati delle finestre sono ornati con un grifone stilizzato e un motivo di tralci di vite. Alle estremitĂ  delle vele angolari della sala compaiono delle eleganti testine femminili.

Saletta della caccia (o salottino con la voliera). Il salottino è decorato sulla volta con un’uccelliera, una pergola di vite, un trofeo di penne di pavone a ruota e altri motivi. Una delle pareti presenta un cane da caccia acciambellato che sul collare riporta il nome “Torricelli”. Le altre pareti sono dipinte con uccelli acquatici e notturni.

Sala cinese. Questa sala si inserisce nalla diffusa tradizione piemontese settecentesca in cui la Cina, così come anche nelle altre corti europee, diventa un modello da imitare. Entrando nella sala e alzando gli occhi colpisce subito il soffitto dipinto a finto gazebo, formato da sottili listelli rossi che realizzano diverse figure geometriche disposte a raggiera. Le lunette contengono pappagalli, vasi con rami di corallo e lampade. Le pareti sono ricoperte da carte cinesi, databili alla metà del XVIII secolo. La tappezzeria è composta da ventidue pannelli raffiguranti le principali manifatture cinesi: la produzione della seta sulle pareti est e nord, della ceramica sulle pareti sud e ovest, del riso sulle pareti est, ovest e nord, del tè sulle pareti ovest e nord.

Sala dei paesaggi. La sala è attualmente adibita a segreteria comunale e prende il nome dai quattro comparti paesaggistici che spiccano nella volta, contornati da una decorazione a grottesche e figure di danzatrici, cariatidi, sfingi e cammei. La grande luminosità dell’ambiente è data dalle colorazioni giocate sui toni di verde, azzurro, lilla e blu cobalto.
Al centro della volta si trova un ovale decorato con edera e quattro coppie di pesci legate da nastri azzurri, mentre altri motivi naturalistici adornano gli spazi d’angolo.

Sala delle stampe o di finto legno. La sala è un piccolo studiolo, tutto dipinto a trompe-l’oeil. Sulla volta vi è un’impalcatura lignea a losanghe ove campeggiano centauri e centauresse. Sulle pareti vi è una raccolta di disegni e stampe costituiti da fogli sciolti, che spesso appaiono svolazzanti, attaccati da chiodi e raggruppabili per argomenti.
I soggetti sono diversi: paesaggi, studi accademici, un ritratto di uomo con lente, un profilo femminile, una divinitĂ  fluviale.

I giardini. L’amore di Faustina Grosso per il Palazzo di Riva la porta anche a programmare (nel 1796), un grande progetto legato a due giardini – uno grande e uno, più piccolo, all’inglese – purtroppo mai realizzati a causa delle vicende storiche che segnano in Piemonte la fine dell’Ancien Régime. La contessa si rivolge all’allora famoso architetto viennese Leopold Pollock, i cui disegni e documenti sono in gran parte conservati a Palazzo Grosso; la grandiosità del progetto è illustrata da due acquerelli, che illustrano la pianta dei giardini, accompagnati da altri 19 fogli che mostrano i piccoli edifici da collocarsi negli stessi. (foto Silvia Ferrero)

F. Dalmasso, M. Tomiato, Palazzo Grosso a Riva presso Chieri, Riva presso Chieri 2008.

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