San Secondo, interno

L’austero interno a tre navate è diviso in cinque campate da colonne e pilastri alternati, con capitelli scolpiti, su cui si impostano gli archi.
Le tre absidi hanno volute a semicatino. In quella centrale, sottolineata da una cornice a ‘damier’, vi è un affresco del XIV secolo.
Per la sua datazione fa riferimento a un documento del 1390 che riporta i Santi Secondo e Brunone «…in quanto appaiono dipinti sulla parete». In realtà sicura è l’identificazione del San Secondo, mentre quello indicato come San Brunone è invece San Girolamo, dottore della Chiesa.
L’affresco è stato restaurato nel 1992 quando sono stati riportati in luce i trecenteschi colori.
I capitelli presentano una particolare decorazione scultorea. La simbologia dei soggetti non è di facile interpretazione, poiché i simboli potevano essere allusivi a vizi e virtù e volevano indurre il pellegrino a disporsi interiormente.
Esempi: la sirena è simbolo del fascino e dell’ambiguità della tentazione; il cerchio di perfezione e di eternità; la lepre, in negativo, si riferisce alla sensualità che porta ad un’estrema fecondità, mentre in positivo potrebbe alludere alla brevità della vita umana.

Iniziando la visita da destra, a fianco del portale, appoggiata al muro di fondo troviamo:
– semicolonna, il cui capitello presenta conchiglie scolpite intorno a un volatile increstato.
– pilastro con angoli smussati, il cui capitello è scolpito su tre lati. Al centro due volatili che beccano e sembrano avere una sola testa. A lato un grande fiore e, sul lato opposto, una croce.
– colonna, il cui capitello ha quattro sirene come figura d’angolo, che si sviluppa sui quattro lati, con braccia e coda ripartita, tese verso l’alto.
– pilastro con due semicolonnine e due pilastrini. Il capitello è completamente contornato da grandi petali, a volte interpretati come petali di crisantemo, simbolo dell’infinito.
– colonna, accanto ai gradini del presbiterio, il cui capitello è squadrato e senza sculture. Sopra la porta laterale un pavone in tondo.
– colonna, dall’altro lato della navata, con un capitello con conchiglie e volute decorative.

Continuando verso il portale:
– colonna con capitello con conchiglie e volute decorative.
– pilastro con esili colonnine in cotto che ne arrotondano gli angoli. Il capitello presenta, in apparente disordine, figure zoomorfe e antropomorfe.
Sul lato rivolto all’altare, la sirena con la coda ripartita ad arco, ha capelli, coda e pinna ben incise; ai lati della testa, due fiori. Sul lato opposto appare una specie di mostro a due teste, le zampe anteriori appoggiate su una testa umana, che sembra fare da capitello alla colonnina dell’angolo. Una testa si morde la coda e l’altra, crinita, volge verso l’angolo a formare la grande testa di un cavallo bardato, che incrocia la sua coda con quella di un cavallo gemello che volge la testa all’angolo opposto.
In basso una testa bovina che morde una zampa del cavallo. Sul quarto lato fiori e fogliami.
– colonna. Agli angoli del capitello, una sola testa per il corpo di due volatili, che si sviluppano sulle facciate a code incrociate. Sopra la testa degli uccelli figure antropomorfe e a lato di una di queste, una mano destra.
– pilastro dagli angoli smussati. Su due lati del capitello, una grossa lepre (o coniglio), due pesci in un altro lato, un fiore e rami di palma sul quarto lato.
– semicolonna appoggiata al muro di fondo, a lato del portale, il cui capitello è scolpito con conchiglie e volute decorative.
– semicolonnina situata in passato nella seconda arcata di sinistra, accanto a un bancone in pietra poi rimosso. Probabilmente il bancone era usato dai pellegrini per il riposo e la colonnina per appoggiarvi la lanterna.
In corrispondenza della seconda arcata, esternamente al perimetro, durante i lavori di restauro eseguiti a fine Ottocento, vengono alla luce delle fondazioni a tracciato rettangolare. Si ipotizza l’esistenza di un campanile. All’interno, la diversa muratura della parete e l’arco in blocchi di pietra che la sovrasta, rendono ancora più evidente la presenza di un’apertura verso una costruzione, che poteva anche essere la cella del monaco che aveva la cura della chiesa.
La tradizione orale locale fa riferimento a un piccolo portico dove i pellegrini sostavano all’aperto nel viaggio verso Roma. (foto Davide Pescarolo)

Bibliografia
Le chiese romaniche delle campagne astigiane, a cura di Liliana Pittarello. Torino 1998.
Giovanna Gandolfo Fex, San Secondo in Cortazzone. Torino 2001.