San Giorgio, Aramengo

Inserimento ambientale
Nel territorio del comune di Aramengo, in frazione Masio, antica “al Maso”, sorge la chiesetta romanica di San Giorgio. La sua struttura dolcemente adagiata su di un piccolo colle domina le case dell’antica borgata (m. 369 s.l.m.).
L’edificio, visibile anche dal basso, è facilmente raggiungibile percorrendo una stradina asfaltata, Strada Comunale San Giorgio, che si dirama dalla Strada Provinciale 458, Asti-Chivasso.

Notizie storiche
Dopo una prima attestazione della “ecclesia de Aramengo” risalente al 1298, dove la stessa risulta annoverata tra quelle assoggettate alla Diocesi di Vercelli, la chiesa trova un primo riscontro nell’archivio locale nell’anno 1357, con un documento riguardante gli antichi consegnamenti e le rendite di cui godeva. Al tempo la chiesa aveva la funzione di parrocchiale; ruolo che mantenne almeno fino ai primi anni del 1500. La sua collocazione, lontana dal paese, evidenzia l’importanza che rivestiva questa popolosa borgata nell’antichità. Da una Visita Pastorale del 1573 si apprende che la stessa era da tempo dismessa da parrocchiale e ridotta a chiesa cimiteriale, in funzione dell’annesso cimitero. Nel 1597 la chiesa risultava inagibile, mancante di copertura e pavimento ed il cimitero versava in totale abbandono. In sostituzione di questa, già dai primi anni del Cinquecento, ne era stata costruita una nuova più capiente, sul colle sovrastante il paese, sulle rovine del distrutto castello chiesa di cui oggi non rimane traccia. È assai probabile che fu nei primi anni del Seicento, a seguito del grave stato di degrado e anche per ottemperare alle prescrizioni ecclesiastiche, si diede mano ad un totale recupero dell’edificio. I muri perimetrali vennero parzialmente ricostruiti e dotati di una nuova volta, mentre una piacevole facciata con una piccola cella campanaria accoglieva i fedeli. Contestualmente anche l’antico cimitero venne dismesso in favore di quello nuovo, sorto sul colle a lato della nuova chiesa parrocchiale in centro paese intitolata a Sant’Antonio Abate.

Descrizione
La struttura che oggi appare in buono stato di conservazione è il risultato di importanti restauri, eseguiti sul finire degli anni ottanta. Varcato il cancello e superata la breve scalinata, è possibile ammirare la piccola chiesa nel suo insieme: le semplici forme geometriche ne determinano l’interno, costituito da una sola aula rettangolare conclusa da un’ abside semicircolare.
1. La facciata, di fattura seicentesca, presenta un frontone curvilineo; al centro, un delicato portale racchiude il moderno portone ligneo; in alto, al centro del timpano, è presente una nicchia centinata priva di statua e più in basso, si apre una finestra quadrilobata. Sullo spiovente sinistro del tetto a capanna, si eleva la piccola cella campanaria a sezione rettangolare. Domina la facciata una croce in ferro battuto.
2. Le pareti laterali conservano evidenti testimonianze dei ripristini seicenteschi, quando la ricostruzione avvenne con l’impiego di soli mattoni. Al centro della parete sud è presente una porta secondaria con archivolto in conci di pietra chiara; ancora su questo lato si possono osservare due blocchi di pietra con incise le sagome stilizzate di due volti, uno capovolto, a indicare il reimpiego di materiali.
3. L’abside è la parte che maggiormente conserva l’aspetto originale dell’edificio, nonostante le sue murature siano state parzialmente ricostruite, specie nelle parti superiori, con l’impiego di materiali di recupero. Il suo sviluppo semicircolare è inserito tra due grosse lesene ed è intercalato da altrettante semicolonne in pietra coronate in mattoni. Lo zoccolo è in pietra arenaria, mentre la parte superiore è coronata da filari di laterizi aggettanti, in sostituzione degli archetti pensili che probabilmente la decoravano e che sono andati perduti.
4. L’interno presenta un’unica aula rettangolare con volta a botte e unghiature in prossimità delle finestre. Le pareti interne, con murature a vista, sono caratterizzate dall’alternanza di corsi in mattoni con altri, meno numerosi, in blocchi di pietra, specie nella parete nord. L’abside, di minori dimensioni dell’aula, si innesta superiormente nella stessa mediante un doppio arco trionfale. Al centro dell’aula era presente un’apertura che conduceva ad una piccola cripta funeraria, chiusa a seguito del rifacimento del pavimento.
Due grosse tele, di epoca sei e settecentesca, ora posizionate a fianco dell’altare, attestano la titolatura della chiesa a San Giorgio martire. Il santo, in ambedue i quadri, è rappresentato con la classica iconografia nell’atto di uccidere il drago, sotto la protezione della Madonna con il Bambino.

Curiosità
Una serie di graffiti di epoca antica sono visibili nella parte sud dell’abside e nella rispettiva parete laterale della chiesa, le scritte incise, alcune capovolte per il reimpiego dei materiali, attestano la presenza dell’antico cimitero.
Il nome della frazione Masio indica, dal latino casa colonica, “masseria”: la terminazione -engo, presente in molti toponimi della zona, tra cui Aramengo e la sua frazione Gonengo, è di origine germanica (probabilmente longobarda). L’assonanza, diffusa ma fallace, con “ramengo” o “remengo” (forma dialettale veneta per l’italiano ramingo) ha divulgato l’espressione : “andare remengo”, nel senso di andare in rovina o alla malora. Ramingo, dal provenzale ramenc, è detto di uccello che vive sui rami, senza nido: “per tutto l’autunno era andato a ramengo”, in giro qua e là (C. Pavese).