San Giovanni Battista, Berzano di San Pietro

Inserimento ambientale
La chiesa si erge isolata alla sommità di un colle a 370 m. s.l.m., sullo spartiacque tra la valle Ochera e la valle Gervasio. È circondata da boschi di rovere, carpino e ciliegio, ai bordi dei quali crescono ginestre e orchidee selvatiche. Dista dall’abitato di Berzano poco più di 2 km in direzione Casalborgone, nelle vicinanze dell’attuale cimitero. L’ antico accesso risaliva la valle Ochera su una ripida erta erbosa, che conduceva al sagrato. Oggi l’avvicinamento dal bosco permette appena, nel periodo estivo, di scorgere San Giovanni in mezzo alla folta vegetazione. Ma, giunti alla cima della collina, la chiesa appare, dalla parte absidale, nella sua semplice e solitaria bellezza. Tra le fronde dei grandi alberi che la incorniciano si vedono le Alpi, le cascine sparse, i coltivi, i calanchi del bosco delle orchidee e la chiesa di San Pietro, in un susseguirsi di pendii aspri e boscosi. La chiesa è inserita nel tracciato della sentieristica regionale e del circuito “PoMonf – anello dei boschi del Romanico”, in un territorio di grande valore naturalistico, ideale per gli amanti dell’escursionismo.

Notizie storiche
Durante tutto il medioevo e oltre, due erano le chiese parrocchiali di Berzano, entrambe con funzione cimiteriale: San Giovanni e San Pietro Apostolo, posta sulla più alta collina del paese e oggi sconsacrata. Già durante il XIII secolo tuttavia gli abitanti avevano cominciato a radunarsi in un unico centro fortificato posto a metà strada, che da allora ad oggi sarà l’abitato di Berzano. Il primo documento che menziona San Giovanni “de Romaneto de Breçano” risale al 1291, quando il villaggio fortificato di Berzano venne sottratto dal comune di Chieri al marchese di Monferrato. Berzano, fino al passaggio nel 1803 alla diocesi di Torino, fu inserita nella diocesi di Ivrea, di cui rappresentava l’estrema propaggine meridionale “ultra Padum”. L’ecclesia Romaneti compare nel 1368 nel Liber decimarum della diocesi eporediese. Nel 1714 l’edificio appariva “chiesa senza architettura, fatta a soffitto con assi e non a volta” al parroco Giuseppe Comoglio, che menziona la presenza sul catino absidale di “alcune figure di santi dipinte”. Nel 1771 a causa delle precarie condizioni di stabilità l’edificio venne interdetto al culto. Riaperto nel 1782, mantenne la funzione di chiesa cimiteriale fino al 1819. Parrocchiale e cimiteriale del villaggio di Romaneto, la chiesa ne costituiva verosimilmente l’unico edificio in pietra, circondato dalle case in legno dei contadini. Anche dopo l’abbandono del borgo per la più sicura “villanova” berzanese, gli abitanti mantennero la consuetudine di seppellire qui i loro morti. Di “Romanetum“ però si cancellò persino il nome nella toponomastica locale. Rimasero poche cascine e infine, a metà ‘900, anche le campagne furono abbandonate e la chiesa restò sola nell’intorno boscoso, unica superstite di un mondo scomparso. Ogni anno, in occasione della festa di San Giovanni, gli abitanti della collina si riuniscono per la Santa Messa.

Descrizione
L’edificio, rivolto verso est/nord-est, è costituito da un’unica aula rettangolare con abside semicircolare, unico elemento conservato dell’ impianto romanico. Gli archetti pensili ricavati da monoliti, la mancanza di decorazioni fantasiose, l’uso esclusivo dell’arenaria non alternata al mattone, con conseguente assenza di bicromia, suggeriscono una datazione originaria che non va oltre la fine del XII secolo.
1. La facciata in mattoni, rimaneggiata nel ‘700 e sovrastata dalla cella campanaria, presenta al centro una porta con arco a tutto sesto e due finestre rettangolari strombate.
2. Le pareti esterne sono entrambe in mattoni: a nord con varie riprese di muratura, a sud con una finestra ad arco a tutto sesto e visibili tracce di una porta e una finestra tamponate. Sotto la cornice esterna dell’abside, due filari di pietra racchiudono una decorazione in mattoni “a dente di sega”. Al di sotto gli archetti pensili, poggiati su semplici mensoline.
3. L’interno ha un pavimento di mattonelle bianche e nere esagonali, con motivi floreali e greche. Alle pareti ex voto di devozione popolare.
4. La navata si restringe nell’abside, composta da una parete in pietra tufacea a vista e da un semicatino dipinto in celeste, al posto degli affreschi andati perduti. La campitura centrale e laterale destra presentano una monofora a doppia strombatura.
San Giovanni rappresenta un caso non raro di chiesa medievale che ha conservato intatta solo la parte absidale così come, ad esempio, S. Pietro di Albugnano, S. Eusebio di Castelnuovo, S. Michele di Tonengo, S. Lorenzo di Mombello inserite nel circuito RRC.
Ciò si deve a ragioni di carattere strutturale, in quanto le absidi, basse e massicce, erano meno soggette a crolli. Una seconda spiegazione più singolare è che si decidesse (nel nostro caso nel ‘700) di rimettere interamente mano alla chiesa, partendo con lusinghieri propositi dalla facciata.
A volte, a metà dell’opera, le finanze venivano a mancare, cosicché le absidi originarie, più nascoste e trascurabili, finivano per sopravvivere ai mutamenti di stile ed alle ambizioni dei committenti.

Curiosità
Una memoria redatta nel 1671 dal parroco di Berzano, don Giovanni Lupo Viarisio, parla di un eremita, che viveva a San Giovanni, tenuto a prestare alcuni servizi presso la chiesa del capoluogo, ossia “bagnare, scopar detta chiesa tutti li sabbati dell’anno”.
Nel 1685 il parroco segnala in ricostruzione una “casa con sua crota al di sotto contigua alla chiesa di San Gio(anni) Batt(ist)a”.
L’altezza da terra della porta tamponata sul lato sud rende plausibile l’esistenza di una sottostante cantina e di un’abitazione adiacente il lato più soleggiato, già usata dall’ eremita. Ma chi era costui? Un pio personaggio? O un vagabondo emarginato, cui veniva concesso rifugio?