Inserimento ambientale
La chiesa dei Santi Vittore e Corona, o più precisamente ciò che resta (l’abside e il campanile) si trova nel comune di Montemagno, nei pressi del cimitero, a meno di un km dal centro paese in direzione sud-est.
L’edificio è isolato su una collina a 290 m sul livello del mare, circondato da arbusti e alberi di alto fusto. Si raggiunge a piedi, percorrendo un viottolo di recente realizzazione, che collega il piazzale antistante il cimitero alla radura erbosa di fronte alla chiesa.
Nonostante la sola presenza dell’abside e del campanile, la chiesa non ha assunto la sembianza di triste rudere, ma anzi è una delle chiese romaniche più suggestive della zona.
Notizie storiche
La costruzione della chiesa viene fatta risalire dal Porter al 1145 ed è citata dal Venturi come esempio della fioritura artistica dei secoli XI e XII manifestatasi anche nelle “piccole chiese di campagna”. Ma l’unica notizia medievale relativa a questa chiesa si trova nel registro diocesano del 1345 in cui San Vittore risulta dipendere dalla pieve di Grana, da cui venne distaccata nel 1474 con la creazione della diocesi di Casale. Il vescovo di Casale la visitò per la prima volta nel 1568, trovandola in cattivo stato, senza pavimento, senza porte e con il campanile privo di campana.
Nel corso del Seicento decade fino a ridursi ad un rudere, ma all’inizio del Settecento venne totalmente restaurata e nuovamente benedetta dal vescovo di Casale il 13 novembre 1707. In occasione della misura generale del territorio, effettuata nel 1769 per la redazione del nuovo catasto di Montemagno, venne censita e raffigurata in forma di piccola chiesa con annesso campanile; la sua decadenza ulteriore va dunque attribuita al periodo successivo, quando, ormai nell’Ottocento, non è più neppure annoverata tra le chiese di Montemagno.
Nel 1896, nel constatare lo stato di degrado della chiesa, l’Ufficio per la Conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria ne sollecitava il restauro. Dopo alcuni lavori eseguiti dal comune nel 1900 a seguito di gravi danni arrecati da un violento temporale del 29 luglio di quell’anno, importanti lavori strutturali di consolidamento furono intrapresi solo nel 1927, ma l’allora soprintendente Bertea rileva l’imperizia dell’impresa esecutrice dei lavori, nel corso dei quali avvennero manomissioni del capitello della colonna e del cornicione del campanile ed opere di consolidamento non conformi alle direttive impartite. Negli anni ’80 del Novecento, il piccolo monumento era nuovamente in stato di diffuso degrado. Solo in occasione del Grande Giubileo del 2000 fu possibile restaurare e rendere fruibile la costruzione nella forma attuale.
Descrizione
L’edificio si presenta incompleto; è costituito unicamente da un’abside con relativo semicatino e dal campanile a pianta quadrata. La primitiva costruzione era presumibilmente ad aula con pianta rettangolare.
1. L’abside ha un raggio interno di 1,75 m, è divisa da una lesena a sezione rettangolare in due campiture, in ciascuna delle quali si apre una monofora a doppia strombatura con arco a tutto sesto. In una di esse vi sono tracce di rivestimento in “coccio pesto” nel piano orizzontale. Gli stipiti e l’arco delle monofore sono ricavati ciascuno da un unico blocco di pietra. Il coronamento è ad archetti pensili monolitici sovrastati da una cornice modanata. La copertura è semiconica con manto di tegole in cotto. La tessitura muraria, sia dell’abside, sia della parte inferiore del campanile presenta la tipica bicromia risultante dall’alternarsi di corsi di blocchi di pietra e sottili filari di mattoni.
2. Il campanile, a pianta quadrata di 2,35 m di lato, ha il perimetro contenuto all’interno dell’ipotetica aula; una colonna in mattoni con capitello in pietra costituisce l’elemento di sostegno dello spigolo interno. Il campanile si eleva poi di due piani rispetto all’estradosso del semicatino absidale. La muratura è del tipo a sacco con pareti in blocchi di tufo squadrati, dello spessore di 0,75 m fino alla base del primo piano dove è visibile all’interno un filare in laterizi disposti a “spina di pesce”. Ogni lato del campanile presenta due specchiature sovrapposte, di altezza diversa, delimitate da paraste angolari continue che si innalzano a partire dalla prima cornice marcapiano, costituita da una fascia con elementi in pietra e mattoni disposti a “denti di sega”. La seconda e la terza cornice presentano una serie di quattro archetti pensili monolitici poggianti su mensoline e decorati nella parte superiore. Nel primo ordine troviamo sui lati est, sud e ovest una monofora strombata internamente; nel secondo ordine, su tutti e quattro i lati, vi sono bifore a spalla retta con archetti a tutto sesto, doppia ghiera decorata e una colonnina con capitello a stampella ornato con rosoncini. La copertura a quattro falde è in manto di tegole in cotto su orditura lignea.
Curiosità
Lo stato di abbandono del “rudere”, ha reso la chiesa così iconica da essere scelta per la copertina del libro “Le chiese romaniche delle campagne astigiane”, Asti 1984, a cura di Liliana Pittarello, a simbolo dell’incuria e del degrado in cui versavano molti edifici romanici del nostro territorio negli anni ‘80-90 del secolo scorso.